Ormai è un mese e mezzo che il gruppo di lettura si riunisce! Potremmo provare a guardare un attimo il percorso fatto fin qui.
Siamo partiti da due autori (Good e Savage) che propongono la teoria classica del comportamento razionale nelle decisione di fronte all'incertezza. Tra i due autori ci sono, è vero, delle differenze su punti specifici. Ma il tipo di approccio rimane lo stesso: entrambi propongono il medesimo standard normativo di razionalità come massimizzazione dell'utilità prevista. Nella teoria proposta da Savage, in particolare, la massimizzazione dell'utilità prevista consegue dall'assunzione che le preferenze dell'agente siano (internamente) coerenti: potremmo parafrasare così, infatti, il significato generale dei postulati con cui Savage dimostra il suo teorema. L'assunzione della coerenza interna comporta molte conseguenze: particolarmente importante è il fatto che, nella valutazione di un'azione, i pesi delle utilità degli esiti debbano essere delle probabilità (Dutchbook). Questo è evidentemente un grosso argomento a favore dell'impiego delle probabilità per la rappresentazione dei gradi di convinzione.
L'articolo di Simon va in una direzione radicalmente diversa. Simon argomenta che i vari modelli di "ottimizzazione" della teoria economica classica non sono alla portata delle persone reali, con le loro capacità limitate. Un modello (normativo) più accessibile per persone reali in ambienti reali è quello del "satisficing": fissato un livello di aspirazione, l'agente valuta le varie opzioni e sceglie la prima che ecceda quel livello. Nel caso le opzioni soddisfacenti siano troppe o troppo poche, si prendono in considerazione altre alternative o si rivede il livello di aspirazione (ad esempio, al ribasso, se non c'è nemmeno un'opzione soddisfacente e l'agente è poco "persistente"). Abbiamo discusso a lungo l'articolo di Simon, perché in realtà dice ben più di questo!
Siamo passati poi agli esperimenti di Kahneman e Tversky, sul comportamento delle persone reali alle prese con scelte fra lotterie (= decisioni rischiose). Gli esperimenti mettono seriamente in dubbio che la teoria classica (à la Savage) possa essere descrittiva del comportamento di persone reali; il modello proposto da Kahneman e Tversky, Prospect Theory, sembrerebbe descrittivamente più efficace. Nel loro modello, gli agenti prima si rappresentano il problema attuando dei significativi "aggiustamenti" preliminari (editing), poi valutano e scelgono la lotteria che massimizza non l'utilità prevista, ma qualcosa che ci si avvicina molto: nel caso più generale, la somma dei valori soggettivi degli esiti, ciascuno pesato per una funzione della probabilità. Con delle particolari assunzioni su come sono fatti la funzione di valore e i "pesi di decisione" rispetto alle probabilità, Kahneman e Tversky rendono conto degli effetti osservati negli esperimenti.
Prospect Theory sembra quindi un modello descrittivamente efficace; tuttavia, non può avere valore normativo, perché predice delle preferenze inaccettabili (ad esempio, preferenze che violano l'invarianza per equivalenza logica).
Un'idea che, secondo me, sorge abbastanza spontaneamente, è se il "satisficing" di Simon non possa essere integrato con alcuni degli effetti rilevati da Prospect Theory. Penso all'effetto della certezza: se voglio comprarmi una macchina, mi sembra descrittivamente e normativamente accettabile scegliere la prima lotteria che garantisca una vincita sicura > 20.000 euro, anche se in ballo c'è anche una vincita di 500 miliardi al 10% di probabilità. Magari fisso un livello di aspirazione sulle vincite, e poi valuto le lotterie in ordine descrescente di probabilità della vincita maggiore (evidentemente sto "massimizzando").
Infine, mercoledì Silvia ha iniziato a presentarci due articoli di Sen, che spostano l'attenzione su problemi abbastanza diversi. Anzitutto, si tratta di problemi di scelta, e non di problemi di decisione: in un certo senso gli articoli indagano un livello "preliminare" rispetto a quello su cui ci siamo mossi finora. Ad esempio, finora abbiamo immaginato che gli agenti avessero delle preferenze complete e transitive sugli esiti delle loro azioni (o delle lotterie); questa è stata la base (ordinale) per costruire l'utilità (cardinale). Ci siamo concentrati, in qualche modo, su ciò che l'agente fa o deve fare, quand'è indeciso su quale di quegli esiti gli capiterà (e cerca di ottenere l'esito che preferisce!). Ma se facciamo un passo indietro, scopriamo che anche l'idea che l'agente abbia in partenza delle preferenze ordinate è problematica. Invece che pensare a relazioni di preferenza, pensiamo a funzioni di scelta: vediamo che cosa un agente sceglie su un insieme di alternative. Sen mette in evidenza dei fenomeni inaspettati, incompatibili con la teoria classica della scelta razionale. Mercoledì abbiamo iniziato, e la volta prossima continueremo, a cercare di rendere ragione di questi fenomeni.
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