mercoledì 2 novembre 2011
Democrazia e consenso
(i) il conducente abbia la licenza di guida
(ii) il veicolo sia assicurato secondo le norme vigenti
Esercizio: perché le condiizoni sono entrambe necessarie?
Soluzione: per limitare i danni (i) potenzialmente arrecati dal veicolo/conducente a terzi, ovvero la società, e (ii) per compensare le eventuali vittime di tali potenziali danni. A questo si aggiunge chiaramente un argomento laterale. Entrambe le condizioni producono entrate per l'erario.
Domanda: Perché le persone che sono alla guida di un governo nazionale sono esenti da soddisfare condizioni analoghe? Detto in altri termini, perché ci accontentiamo di identificare la legittimazione del governo con il consenso elettorale?
mercoledì 26 ottobre 2011
Ellsberg (1954): le diverse nozioni di utilità misurabile
venerdì 2 settembre 2011
Bruno de Finetti - La decisione nell’incertezza.
A mio avviso gli aspetti estremamente interessanti di questo breve articolo sono:
- La transizione tra "ragionevole", "non contraddittorio" e "coerente" illustra in modo informale ma assolutamente preciso l'aspetto fondamentale della concezione bayesiana della razionalità.
- le precisazioni sulla natura onnicomprensiva della funzione obiettivo (utilità)
- la "definizione implicita" di probabilità soggettiva nella stima dell'equivalente certo
- il confronto con la tassonomia di Knight 1921 e il rifiuto della distinzione tra varie forme di incertezza.
sabato 18 giugno 2011
Decisioni liquide
Se l'economia è l'arte di allocare risorse limitate tra usi alternativi al fine di massimizzare la propria soddisfazione, sembra proprio che la politica sia la tecnica per disperderne una specie (le informazioni) al fine di massimizzare la confusione altrui. Almeno in Italia, dove la campagna referendaria appena conclusa ha prodotto una straordinaria quantità di equivoci, malintesi e voci incontrollate a proposito dei quesiti sull'acqua pubblica, il n. 1 e il n. 2 dei quattro sottoposti al giudizio degli elettori domenica 12 e lunedì 13 giugno. Un esempio per tutti: la Guida al referendum del Corriere della Sera, un foglio non certo radicale, intitolava così la pagina dedicata al primo quesito: Privatizzazione dei servizi di fornitura dell’acqua. Preoccupati da casi tanto vistosi di trascuratezza nel riportare i fatti o deliberata malafede nel manipolarli, Andrea Boitani e Antonio Massarutto, economisti e collaboratori della rivista on-line La voce, hanno composto un dettagliato articolo di commento ai referendum stessi e alle tesi di chi ne sostiene l'approvazione. Chi ha votato sì al quesito n. 1 ha impedito la privatizzazione dei servizi idrici? Nient’affatto: l’art. 15 del D.L. 135/09 si limitava a introdurre l'obbligo di indire gare d'appalto -salvo eccezioni e deroghe, peraltro assai generose- per assegnare la gestione dei servizi pubblici. Tanto le vecchie norme quanto la nuova disciplina della materia (ora abrogata) assicurano al gestore la copertura dei costi, comprensivi degli investimenti; le modifiche introdotte riformavano soltanto i criteri di remunerazione del capitale investito (ROI), resi conformi al nuovo criterio di adeguatezza della remunerazione stessa (o full cost recovery), avversato da chi promuoveva il quesito n. 2. In ogni caso, concludono Boitani e Massarutto, l'aumento indiscriminato dei prezzi, la diminuzione della qualità e altri simili spettri non sono figli di una gestione privata, ma di una gestione sregolata, ossia priva di vigilanza e controlli; sembra pertanto che il vero banco di prova per qualsiasi modello di gestione dei servizi pubblici sia rappresentato dall'efficacia dei sistemi di controllo. Proviamo allora a delineare meglio il problema tenendo conto di questo suggerimento e dei principi della scelta razionale: noteremo che cercare di risolverlo significa domandarsi quanto sia favorevole ai cittadini il rapporto fra costi delle autorità di vigilanza e remunerazione del capitale investito nei diversi casi possibili, più che interrogarsi riguardo all'efficacia pura e semplice del controllore. Concludiamo poi con qualche parola a proposito di due interrogativi correlati al problema stesso: come definire i criteri di controllo e come ordinare le nostre preferenze in modo consistente.
Problema. Date due alternative sociali (I) e (II), scegliere quella che massimizza l'utilità di ciascuno degli agenti razionali che partecipano alla decisione.
Nel caso che ci interessa, secondo il consiglio ricevuto occorre istituire un "sistema di regolazione" tanto se (I) i servizi idrici sono amministrati da un soggetto pubblico quanto se (II) la loro gestione è affidata a privati (o società miste). Facciamo ora l'assunzione primaria che ci permetterà di proseguire la nostra riflessione:
Assunzione primaria: nel contesto da noi esaminato è ragionevole supporre che il principio di massimizzazione dell'utilità prevista in condizioni di incertezza sia declinato come segue: l'alternativa (II) risulta conveniente per i cittadini-consumatori solo a patto che gli oneri previsti a loro carico siano inferiori a quelli calcolati per (I).
Ingerita la pillola (per ulteriori chiarimenti, rimandiamo a questa pagina; chi non fosse ancora convinto può sempre navigare qui o qui, ma a suo rischio e pericolo), le assunzioni successive appariranno forse meno problematiche:
A) vi siano due sistemi di regolazione, uno per ciascun caso (chiamiamoli per comodità autorità di controllo I e autorità di controllo II);
B) al netto della remunerazione del capitale investito (ROI) la struttura delle tariffe praticate in (I) e (II) sia identica (includendo in un caso come nell’altro costi operativi di gestione, costi comuni e costi di capitale indipendenti dal fatto che il gestore sia pubblico o privato e addebitati agli utenti per legge: v. sopra); indichiamo con k la differenza fra ammontare complessivo delle tariffe e ROI;
C) la remunerazione del capitale investito (ROI) sia distinta nei due casi e in particolare sia più alta per il caso (I). In effetti, la necessità di riconoscere una equa remunerazione del capitale investito da un'azienda privata è pacifica nella letteratura: in caso contrario l'impresa non riceverebbe un prezzo equo per il suo prodotto o servizio, e la determinazione tariffaria si risolverebbe in un atto di espropriazione, ma una medesima necessità deve essere riconosciuta non solo - per motivi evidenti - anche a gestori nel cui capitale partecipino azionisti privati, ma anche ad aziende a proprietà pubblica. In caso contrario, esse non sarebbero infatti in grado di trovare finanziamenti adeguati per i propri investimenti, e verrebbe in tal modo vanificato lo scopo del Legislatore che con la Legge 36/94 [la vecchia legge Galli citata nell’articolo] ha inteso (…) porre fine alle condizioni di sottoinvestimento che hanno storicamente caratterizzato il settore (1). Come rispondere a questa comune necessità? Possiamo distinguere due inconvenienti opposti a cui porre rimedio:
1. e 1. Se (…) la remunerazione del capitale di un'impresa sottoposta a regolazione tariffaria risultasse sensibilmente inferiore al rendimento medio di mercato che un investitore potrebbe ottenere investendo il proprio capitale in attività reali o finanziarie aventi caratteristiche di durata e di rischiosità similari, esso verrebbe "espropriato", mediante un provvedimento amministrativo, del reddito che avrebbe potuto ottenere investendo altrove le proprie disponibilità.
2,e 2. Specularmente, se la remunerazione del capitale risultasse sensibilmente superiore a quella di mercato, ciò si tradurrebbe in un danno per gli utenti del servizio (1).
Il problema 2. è comune a (I) e (II), ma il problema 1. è meno grave per (I), in quanto un investitore pubblico, a differenza di uno privato, può includere nella remunerazione del capitale anche l’aumentato consenso sociale (ed elettorale) che deriverebbe da un’efficiente gestione del servizio idrico e compenserebbe la differenza rispetto al rendimento medio di mercato, che un investitore potrebbe ottenere investendo il proprio capitale in attività reali o finanziarie aventi caratteristiche di durata e di rischiosità similari. Naturalmente, se l’investitore pubblico contraesse debiti con una banca privata, quest’ultima concederebbe prestiti comportandosi a tutti gli effetti come un privato (!) e non si accontenterebbe di avere come garanzia un aumentato consenso sociale ed elettorale verso l’ente pubblico (anche se forse non sarebbe del tutto insensibile a vantaggi di questo genere), ma almeno la parte di ROI calcolata per la porzione di investimenti coperta con soldi pubblici potrebbe essere inferiore al rendimento medio di mercato visto sopra; la ROI calcolata per la porzione coperta da capitali privati resta invece sottoposta, com’è ragionevole, ai soli criteri di mercato in (I) come in (II). Concludiamo quindi che ROI (I)<ROI (II).
D) i cittadini-consumatori siano indifferenti tra pagare una tassa a un soggetto pubblico e corrispondere l'importo di una bolletta a un privato; in realtà, per ammissione degli autori stessi dell’articolo gli utenti non sembrerebbero essere proprio indifferenti tra le due alternative, ma l’argomento è delicato e richiederebbe evidenze non solo aneddotiche; resta il fatto che l’opinione pubblica è spesso disposta a tollerare dal pubblico disfunzioni che mai tollererebbe da un privato. L’acqua del sindaco, chissà perché, è sempre ottima e abbondante, anche quando fa schifo (sic!).
Tutto ciò premesso, (II) è quindi preferibile se e solo se vale la relazione
c I + k + ROI (I) > c II + k + ROI (II)
ossia
c I + ROI (I) > c II + ROI (II)
(dove c I= costi dell'autorità di controllo I; c II= costi dell'autorità di controllo II; k= differenza fra ammontare complessivo delle tariffe e ROI (cfr. assunzione B)).
Distinguiamo quindi tre casi:
A) c I=c II. Poiché per definizione ROI (I)<ROI (II), conviene (I).
B) c I<c II. A fortiori conviene (I).
C) c I>c II. Abbiamo tre sottocasi:
i) (c I-c II)<[ROI (II)-ROI (I)]. Conviene ancora (I).
ii) (c I-c II)=[ROI (II)-ROI (I)]. Data l'assunzione D), le alternative si equivalgono e per il principio di risoluzione è possibile scegliere tanto l'una quanto l'altra.
iii) (c I-c II)>[ROI (II)-ROI (I)]. Conviene (II). Risolvere il problema significa pertanto chiedersi quanto è probabile che la differenza tra i costi delle due autorità di controllo sia grande abbastanza da superare quella tra le due ROI, ossia che si verifichi iii).
Se però vogliamo caratterizzare il problema in modo prescrittivo, dobbiamo considerare che nel settore idrico le possibilità di sfruttare la concorrenza sono limitate alla fase di affidamento del servizio (da quattro a dieci volte in un secolo, diciamo), ma una buona regolazione può aiutare non poco. Se la regolazione è costruita in modo che il profitto rappresenti l’eventuale premio per l’impresa che si dà da fare per ridurre i costi, il cittadino ne può trarre beneficio. Ma ridurre i costi non significa soltanto migliorare le tecnologie; può anche significare licenziamenti o assenza di investimenti ulteriori: Se le gestioni sono vincolate a recuperare i costi con le tariffe, una diminuzione di queste può aversi solo se i costi diminuiscono, ossia se la gestione diventa più efficiente (usa meno personale, acquista meno servizi o tecnologie meno costose), oppure se non si fanno gli investimenti. Appunto: ma introdurre criteri efficienti per separare le riduzioni dei costi virtuose dal taglio puro e semplice degli investimenti e farli rispettare richiede uno sforzo economico notevole, e questo aumenta i costi delle autorità di controllo. L’impatto è più cospicuo nel caso (II), probabilmente, che nel caso (I): un privato considererà la diminuzione del personale (a parità di servizio reso) un esempio di riduzione virtuosa, ma un ente pubblico dovrà ponderare con più attenzione anche le conseguenze sociali di questa scelta. A questo proposito, la nostra assunzione fondamentale non impone che gli oneri a carico dei cittadini-consumatori siano di natura esclusivamente personale: possiamo immaginare senza difficoltà casi in cui l’utilità prevista è associata a benefici (e costi) per la collettività intera, alla maggiore o minore uguaglianza tra i cittadini, al diritto al lavoro, ecc., ma a condizione che le preferenze così determinate siano consistenti. Ad esempio, garantire a tutti un prezzo politico per il consumo di acqua potabile comporta la rinuncia a investire più soldi pubblici in altri settori, dal welfare all’istruzione, oppure ad altri obiettivi socialmente desiderabili (mantenimento o riduzione della pressione fiscale, ecc.): i cittadini devono sapere che acqua gratis non significa non pagare dazio, ma significa meno spesa pubblica in qualche altro capitolo o più tasse -e chi assicura che la fiscalità generale sia più equa di un mercato che premi i consumatori virtuosi? Eppure, nei commenti all’articolo -e non solo- molti tentano di sfuggire all’inconsistenza delle proprie preferenze obiettando che sarebbe possibile ottenere risorse per tutto (e tutti) attraverso un’efficace lotta all’evasione fiscale: questo significa però considerare una diversa matrice di decisione, la quale comprende l’allocazione di risorse ipotetiche oltre a quelle di cui si dispone con certezza. Ma allora occorre stabilire un modo per valutare la probabilità che le prime siano un giorno a nostra disposizione come le seconde: non indicarlo –o indicarlo male– comporterebbe problemi pubblici ben più gravi dell’inconsistenza delle preferenze individuali.
(1) L. Prosperetti, La remunerazione del capitale investito nel quadro della determinazione delle tariffe idriche: alcune riflessioni.
martedì 17 maggio 2011
Dallo scaffale di de Finetti
La probabilité, en effet, n'a été définie que pour une classe très restreinte d'événements. Il en existe d'autres, incertaines comme eux, dans lesquels l'énumération des cas ne peut rien apprendre. Les principes leus sont-ils applicables? Sont-ils dès à présent démontrés pour eux?
Les principes sont applicables.
Ils ne sont pas encore démontrés. Comment le seraient-ils? Les probabilités dont ils donnent la mesure n'ont pas même été défines.
Quelle est la probabilité pour que la Seine soit gelée à Paris dans le courant de l'année 1995?
Pour qu'un médecin appelé près d'un malade sache découvrir la nature, la cause et le remède du mal?
Pour qu'un homme âgé de quarante ans, aujourd'hui bien portant, atteigne l'âge de soixante ans?
Il faut compléter la définition; tous ces cas lui échappent.
La probabilité d'un événement, quelle qu'en soit la nature, est dite égale è une fraction donnée p, lorsque celui qui attend l'événement pourrait échanger indifféremment les craintes ou les espérances, les avantages ou les inconvénients attachés à l'arrivée de cet événement contre les conséquences supposées identiques de la sortie d'une boule puisée dans une urne dont la composition fait nâitre une probabilité égale à p.
lunedì 4 aprile 2011
Bad & better press
Se ho capito bene, l'ipotesi che l'autore dà per scontata è che senza mezzi violenti gli stati e gli individui non possano essere efficaci nel perseguire i propri obiettivi. Se ci tengono ai loro obiettivi, allora devono farsi la guerra. Mi suona come dire, visto che non mi piace la muffa nel bagno, se fossi razionale dovrei incendiare casa mia.
A dire il vero, gli argomenti pro guerra che fanno leva sulla teoria della scelta razionale non mancano. Allora, per non pensare che quest'affascinante materia sia un arsenale argomentativo dei guerrafondai, mi permetto di segnalare un testo di orientamento opposto, scritto da Daniel Kahneman ("Why Hawks Win", Foreign Policy 2007) e disponibile qui. Kahneman sostiene la tesi contraria a quella dell'articolo del Sole 24 Ore: i falchi vincono le elezioni e impongono i loro orientamenti in politica in tempo di guerra (anche) grazie ai biases degli elettori; ovvero, se gli elettori fossero degli agenti razionali, i falchi incontrerebbero molti meno appoggi.
domenica 27 marzo 2011
Bad press -- Il sole 24 ore
S'inizia bene, il finale è incerto - Al figlio spiegava: «non seguire il mio esempio. Chi va in guerra non può tornare indietro» - «Il conflitto è sempre nelle mani della fortuna. Si incontra sempre qualcosa di inatteso» - Era il primo a distinguere tra verità fattuali e il racconto di comodo dei contendenti.nell'edizione su carta, incuriosisce con il riferimento alla teoria delle decisioni razionali. L'ho letto mettendomi nei panni di una persona che conosce qualcuno, amico, figlia, fratello, che studia teoria delle decisioni. Supponiamo che si tratti di un genitore. Bene, se quella fosse mia figlia, la chiamerei immediatamente chiedendole spiegazioni. La mia domanda sarebbe secca: Come mai ti sei messa a studiare qualcosa che inventa giustificazioni per la guerra e porta alla rovina di tutti i popoli?
La banalizzazione di quella che l'autore chiama rational choice theory è imbarazzante. La scena in cui Marylin Monroe spiega la teoria della relatività a Einstein, oltre a essere divertente, è scientificamente molto più decorosa.
Il professor Donald Sassoon scrive come se esistesse una teoria chiaramente identificabile come rational choice theory. Questo non è vero. Se invece volessimo concedere al professore l'esigenza del divulgatore di semplificare e rendessimo preciso il riferimento, allora potremmo pensare che si riferisca alla teoria classica dell'utilità per la decisione individuale. In questo caso, però quello che dice Sassoon, ancora una volta, non è vero. Se il professore ha letto Savage non lo ha capito. Se non lo ha letto, dovrebbe evitare di parlare delle cose che non conosce.
Chiaramente Sassoon ha un pregiudizio da difendere e lo si vede chiaramente con il riferimento all'utilitarismo benthamita, in cui vede le "lontane origini". La teoria della scelta razionale oggi, come 50 anni fa, è legata alla "dottrina di Bentham" come la logica contemporanea a quella di Aristotele, il quale non supererebbe nemmeno il più elementare degli esami di logica.